I LIBRI CHE NON PUOI NON LEGGERE

 Dance with me - A... come Amore

ad Alda Merini e il suo Delirio Amoroso
Fotografie e performance con cavalletti umani.
2006
Fine art foto 20x30 cm
Ho conosciuto Alda Merini e ci ho parlato diverse volte sui navigli, per quanto fosse possibile parlare con lei.

A lungo ho amato le sue poesie, tanto da dedicargli questo lavoro. A lei e a quell'amore malato che ognuna di noi ha vissuto almeno una volta nella vita.
Oggi non amo più quelle sue poesie, forse per la mia intolleranza all'uso delle frasi estrapolate e appiccate sotto le fotografie per incapacità a esprimersi, sia con le foto che con parole proprie.
È terrificante, anche che vi piacciano! (Le foto con le frasi delle poesie sotto! ... nel 2023)
Oggi NNC Gallery ha pubblicato una mia foto da questo progetto e mi è presa voglia di (ri)parlarne.
I miei lavori non possono essere smembrati le mie foto nascono come un corpo unico. Mi fa sempre strano vedere una foto mia infilata da qualche parte, e infatti chiunque cerchi mie fotografie da pubblicare "una tantum" ha sempre un sacco di problemi e pubblica sempre le stesse, che sono lontanissime da me e dal mio fare foto, ma oramai mi sono rassegnata.
Ogni mia foto è collegata ad un'altra e insieme formano il mio racconto.
Da sole sono solo immagini.
Ho lavorato tantissimo sull'autoritratto perché avevo un gran bisogno di vedermi e di farmi vedere. Per prima cosa di vedermi, soffrivo moltissimo per il mio aspetto fisico, come tantissime donne, e la foto mi aiutava tanto.
Ma fondamentalmente avevo bisogno di vedermi dentro.
E per farlo avevo bisogno di pretesti.
In questo caso il pretesto erano le relazioni.



Vivevo ed ero circondata da chi viveva relazioni difficili e tormentate. Avete presente le fughe, il rincorrersi, il piangere, lo scappare, il cercarsi, il trovarsi, il lasciarsi e così via all'infinito?
Personalmente ho sempre avuto molte difficoltà nelle relazioni amorose, per il mio carattere, per il tipo di vita che avevo scelto di fare, e soprattutto per la mia irrequietezza mentale. In realtà penso che una relazione classica non l'ho mai realmente voluta ma non riuscivo a dirmelo.
E a lungo sono stata dentro l'ipnosi di massa che vuole l'amore qualcosa di irraggiungibile, tormentato e "fondamentale", insomma: più soffri, più ami, più sei donna!
Dovrebbero farci dei corsi sull'amore, cancellare secoli di amore romantico e insegnare a vivere le relazioni in maniera sana.
Lo sappiamo tutti, è sotto i nostri occhi continuamente.
Quando ho realizzato questo lavoro volevo mettere in scena la danza della follia amorosa e ossessiva e portarla fuori in mezzo alla gente! C'era sia il bisogno di rivendicare quei sentimenti devastanti, mostrarli, vederli, comprenderli, sia il volersi affrancare da quel tipo di amore.
Mi piace definire questo lavoro il mio primo Autoritratto performativo anche se c'era ancora poca consapevolezza.
Avevo scritto una mia storia e l'avevo performata davanti a una piccola reflex Canon, dal sensore poco sensibile e tanto piccolo.
Era una fissa la mia: cercare il limite del mezzo e superarlo, usare il suo linguaggio per "scrivere" la mia idea con un segno differente.





Oggi con le macchine ipersensibili è difficilissimo, se non in post, ricavare "segni" casuali e differenti, all'epoca i sensori erano complici della sperimentazione. Per chi come me la cercava.
Serviva in questo lavoro? Me lo hanno chiesto e me lo sono chiesto a lungo. Ma ho sempre lavorato così e ancora oggi continuo.
Sarà che se no mi annoio ma devo fare sempre qualcosa di diverso.
Oggi riguardando il lavoro rimango stupita dall'incredibile senso che quelle immagini rumorose e sporche (avevo tenuto aperto il corpo macchina per giorni perché polvere e macchie colpissero il sensore) danno a quelle frasi, a quelle immagini, a quello stato d'animo che vivevo e che volevo rappresentare.
Tutto con tanto rumore, sporco, poco chiaro.
Una danza avanti e indietro in pochi metri e vicino a quell'albero della vita, in quella gabbia mentale.
Buffo, penso adesso, che quel "dissolversi" in quella danza, oggi, dopo molti anni e tante esperienze, io lo legga come la mia dipartita da quel mondo di "amori malati". Ce n'è voluto eh.
Non è stata una passeggiata.




Anni dopo questo lavoro, una donna vittima di violenza psicologica che frequentavo per alcuni miei progetti mi disse:
"Ho paura che se smetto di amare così ci sia solo la noia, la normalità, la stasi. Ho bisogno di questa passione, di questa eccitazione che mi fa sentire viva."
Tra i vari danni che il patriarcato ha fatto c'è anche questo.
L'averci incastrato in ruoli di femmine passionali e disposte a tutto per amore, bloccate in ricerche infinite di amori perfetti e impossibili.
Ma ci stiamo per fortuna svegliando.
Sarà per questo che le poesie di Alda non mi piacciono più?



L'istallazione prevedeva l'utilizzo di cavalletti umani. Per due motivi: uno pratico, volevo mostrare le foto in una mostra itinerante, che si muovesse; la seconda era quella di uscire fuori dagli spazi ufficiali dove la gente non entrava, o almeno non entrava la gente che io volevo incontrare. Un altro dei punti cardine del mio lavoro.
Arte fuori, per tutti.​
Era il 2006, 17 anni fa.










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